10 Mar Trascrizione notturna, Sogno 8 Marzo 2022
Ho sognato spesso di fare a pugni con qualcuno. A pugni, a botte. Coltelli, spari. È capitato nel corso di questi ormai 40 anni. Ma tutte le volte che mi sono trovato a lottare contro qualcosa o qualcuno, nelle condizioni di sferrare un colpo all’avversario, ho sempre avuto una sensazione strana. Come se in quel tipo di realtà, quel tipo di azione non fosse concessa. Come quando sei dentro ad un video game progettato da architetti che non hanno previsto un certo tipo di comportamento per il tuo personaggio, ragion per cui quel tipo di animazione semplicemente non esiste. Così in quelle occasioni i miei colpi hanno sempre sbattuto come contro ad una membrana trasparente che sì trasferiva al mio avversario il colpo, ma in forma astratta, iperuranica. Senza violenza ecco.
Questo nei migliori dei casi, perchè mi è anche capito che i miei colpi – sferrati con grande rabbia, agitazione e coinvolgimento – non riuscissero a centrare il volto del mio avversario, finendo una volta a fianco della guancia sinistra, una volta a fianco di quella destra, assieme alla mia sensazione di sbigottimento dovuta al mio non capire di come fosse stato possibile il tutto. Io voglio colpirti e cazzo non riesco prenderti in faccia. Non può essere vero! E lì di solito il momento del risveglio. Ieri sera è successo qualcosa di nuovo. E se vogliamo di ancora più assurdo. Il fatto che stiamo parlando di sogni da un certo punto di vista mi consola, da tutti gli altri mi affascina e basta Insomma l’altra sera ero in una specie di trincea scavata nella terra fredda e umida di qualche zona di confine, il cielo una fitta foschia da cui però era evidente che non fosse ancora notte fonda. Le pareti dello scavo erano umide e irregolari, potevi sentire sulle dita delle mani tessitura del terreno, grossolana e tutt’altro che fine. Succede che il clima di calma apparente cambia in modo repentino e mentre la luce lascia spazio alle tenebre dentro la trincea sembra scoppiare una guerra, tanto che d’improvviso mi trovo davanti un’ombra scura con il quale inizio un colpo a corpo violento. Percepisco la minaccia provenire da questa figura, ma non riesce a colpirmi anzi, percepisco che la mia posizione è di vantaggio, tanto che liberate entrambe le mani e le braccia dalla sua presa, dirigo un colpo di lama, probabilmente un coltello o un piccolo pugnale aguzzo, verso il suo collo. Percepisco il movimento e la rotazione laterale da destra verso sinistra, e quando l’ombra della lama si avvicina a quella del collo, la prima attraversa la seconda e percepisco che la testa si stacca dal corpo, decretando la morte del mio aggressore. Qui inizia una spirale di scontri: come se la mia vittima avesse avuto dalla sua una serie infinita di altre emulazioni. Una alla volta queste si gettano su di me come succede nei cartoni animati, prima da destra, poi da sinistra. Le ombre sono sempre più distorte dalla velocità con cui l’attacco procede, ma una alla volta io riesco ad eliminare i miei aggressori, colpendoli mortalmente con i miei colpi, che adesso non sono più inferti dalla lama del mio coltello, ma sono anche pugni, colpi di karate, esplosioni e spari, tutti scagliati dalla mio spirito di autoconservazione. Ed è qui che si innesca un processo inedito almeno per quanto concerne le mie precedenti esperienze oniriche. Ogni volta che colpisco – quindi che uccido – la scena rilevata dal mio POV si degrada in termini di risoluzione e passa da un neorealismo notturno e poco luminoso, verso un sistema figurativo che ha qualcosa di futuristico, di cubista: le ombre diventano sempre più curve ed appuntite, come se i punti attorno cui costruire l’immagine diminuissero ad ogni colpo che infliggo. E con il passare degli scontri, le ombre di sono ormai diventate dei poligoni irregolari, che dal nero sono passate a colorazioni porpora e prussia, in un contesto progressivamente più caldo e luminoso, ma soprattutto metafisico, privo di elementi riconducibili all’azione umana. L’ultima immagine che si presenta davanti ai miei occhi, senza sapere se anch’io ho subito questo processo di semplificazione e riduzione geometrica delle forme, è un piano di color ocra arancio poco saturo, con un esaedro di colore blu e azzurro pastello sulla destra, e un prisma di colore porpora e cremesi sulla sinistra, che levitando si fronteggiano.
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