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Recensione Album | Barlo – Rantoli nel Buio (2023, Self)

31 Lug Recensione Album | Barlo – Rantoli nel Buio (2023, Self)

C’è qualcosa che crepita in questo album di Barlo, che non è solo l’ennesima autoproduzione da camera. Ci sono degli arrangiamenti sofisticati, una gamma di strumenti dalla tavolozza abbastanza ampia, nonostante si senta, per un orecchio un po’ schizzinoso, che per molti di questi strumenti la sorgente sia digitale piuttosto acustica.

È il prezzo da pagare per chi è mosso dal demone del songwriting, ma che per mille ragioni sceglie di non passare 2 settimane in studio con una band per registrare le proprie composizioni. E a testa bassa prova  ad arrangiarsi in casa. Non a tutti riesce comunque di arrivare ad un risultato in grado di raccontare qualcosa di interessante e questo di certo non è il caso di Barlo, che si presenta così:

Ho 40 anni, sono di Belluno. Ho suonato in diverse band “underground” (…) e dalla fine degli anni novanta autoproduco in casa anche musica da solista, alternando album strumentali di elettronica sperimentale con album di canzoni pop rock, mischiando ogni tanto il tutto (…). Mi guadagno da vivere con tutt’altro”.

Niente di strano in tutto questo, anzi personalmente ammiro molto la necessità di continuare a produrre musica, anche quando la vita sembra portarti in altre direzioni. Diventa davvero una specie di guerra di trincea, dove perdere una posizione è anche troppo semplice e una volta persa, quasi impossibile da riconquistare.

Ma “Rantoli nel Buio” è un disco vero, a tutti gli effetti. A partire dal bellissimo artwork, realizzate dall’illustratore Alberto Campo. I brani al suo interno sono un mix di punk rock domestico ma non addomesticato, dove spesso fanno capolino atmosfere crepuscolari dal sapore dolce amaro. Fra gli episodi più riusciti “Come l’erba cattiva” che mi ha ricordato il riff di Sideways della Mark Lanegan Band, in cui al posto di Mark Lanegan al microfono figura Freak Antoni degli Skiantos, da sobrio. E “Melma” dove l’evidente omaggio al Rain Down di Paranoid Android dei Radiohead è sviluppato su di armonie e voci – cantate in italiano – dal sapore di un certo prog nostrano, semplice, gustoso e “corale”.

 

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